INTERVISTA DA SUPERVISOR AGLI AUTORI DI PLANET DEAD di Daniela Zaccagnino

PLANET DEAD 3 di Stefano Bonazzi e Luciano Costarelli
Articolo di Daniela Zaccagnino (supervisore della casa editrice Cronaca di Topolinia).
Arrivati al terzo numero di Planet Dead possiamo guardarci indietro e fare un bilancio della serie che, zitta zitta, è riuscita a farsi notare e a crearsi uno zoccolo duro di fan che non aspettano altro che sapere come andrà a finire per Luca Lavieri e Sara Vanzella e con l’epidemia di zombie. Un bilancio da chiedere a fine intervista ai nostri autori, Stefano “Bzi” Bonazzi (sceneggiatore) e Luciano Costarelli (disegnatore), ma prima…
Come e quando vi siete conosciuti artisticamente? Sì, perché dovete sapere che è stato Luciano a presentarmi Stefano e che nessuno dei due era alle prime esperienze fumettistiche… Cosa avevate già pubblicato?
Stefano: Con Luciano avevamo già collaborato su un episodio della prima run di I.S. Salgari, una mini serie edita da Cagliostro Express di genere fantascientifico. Il risultato a mio avviso era stato valido, ci siamo trovati bene, abbiamo cominciato a confrontarci su progetti comuni ed è stato lo stesso Luciano a consigliarmi di candidarmi come sceneggiatore a CdT. Tra l’altro con Luciano allora avevamo in mente un progetto molto rock su cui lavorare, non se ne è fatto nulla ma chissà che in futuro qualcosa non esca fuori. Prima di CdT comunque, avevo già fatto qualcosa: nei tardi anni 90 avevo collaborato con alcune fanzine e, dopo anni di oblio, nel 2015 ho ripreso a scrivere, prima con Cagliostro, poi con il collettivo Ronin e in fine con Becco Giallo, editore con il quale a questa Lucca uscirà un mio nuovo volume.

Luciano: Ho conosciuto Stefano qualche anno fa grazie a un fumetto di fantascienza di Cagliostro E-press di cui avevo realizzato un episodio su sua sceneggiatura. Mi aveva colpito la chiarezza della sua scrittura e i dialoghi molto puliti. Siccome ci trovavamo molto bene come team, abbiamo pensato di fare qualcos’altro insieme. Di varie idee, quella che si è concretizzata è stata proprio Planet Dead. Quanto a me, ho iniziato a pubblicare fumetti a 18 anni su “Collezionando” con una storia breve di Francesco Manetti; un paio d’anni dopo ho iniziato il primo lavoro continuativo in questo ambito come colorista per il Corriere dei Piccoli, poi sono entrato nello Studio 3ntini dove ho iniziato come illustratore editoriale e inchiostratore di fumetti. Infine come freelance ho prodotto veramente tante tavole negli anni 90, ma non di grande qualità e sempre con piccoli editori da edicola, in testate dalle breve vita o all’interno di riviste per ragazzi. Poi ho fatto altri percorsi, legati alla comunicazione visiva: pubblicità, animazione, grafica, infografica, licensing, disegnando sempre meno, fino a smettere completamente per ben 8 anni. Spinto da un irrefrenabile impulso ho ricominciato con grande difficoltà a disegnare fumetti nella seconda metà del 2015 su Dime Web, di nuovo con con Francesco Manetti, rubando il tempo al sonno tutti i giorni un paio d’ore prima di andare in ufficio. Dopo varie collaborazioni sono approdato a Bugs Comics con Alieni, poi a Cronaca di Topolinia su diverse testate e infine con Edizioni Inkiostro, per cui disegno soprattutto La Iena. A quel punto, circa due anni fa, ho finalmente potuto tornare a dedicarmi professionalmente ai fumetti a tempo pieno.
L’incontro con Stefano e la casa editrice è un po’ opaco nei miei ricordi, però ho ben in mente in momento in cui gli ho detto che in casa editrice un genere completamente assente era l’horror e che gli zombie erano ormai i mostri con più appeal del momento, perciò bisogna inventarsi qualcosa in questo senso e che riuscisse a non apparire come “già visto”. Una bella sfida per chiunque. Ci racconti come è andata dal tuo punto di vista? Avevi già nel cassetto una storia sugli zombie oppure è nata dal nulla sulla mia indicazione?
Stefano: Planet Dead, o meglio la sua idea di base, nasce da lontano.Quando mi dicesti di ragionare su una ipotetica serie da proporre a CdT, possibilmente di un genere non ancora presente a catalogo, come l’horror appunto, ho cominciato a ragionare su una serie di spunti che avevo in testa da tempo. In effetti da quando avevo ripreso a scrivere, l’idea di lavorare ad un fumetto a tema zombie (genere che personalmente amo molto) mi ronzava in testa. Sapevo solo due cose: che l’avrei ambientato in Italia e che non sarebbe stato ambientato in un “post apocalisse” ma in una fase intermedia. Questi due elementi li ho inseriti in Planet Dead e da questi sono partito. In più ho inserito una serie di riflessioni sul mondo in cui viviamo e poi ho provato a scrivere un buon fumetto d’avventura. Quanto buono sta ai lettori dirlo ! 🙂
Luciano, il nostro incontro invece è stato per me molto divertente, poiché avevi dichiarato apertamente, durante la sessione di scouting, di essere un lettore di Cronache dal Ghiaccio e difatti non molto tempo dopo ti ho affidato il secondo speciale di CdG, disegnando anche la cover. Un’altra cover ti aspetta per l’episodio conclusivo della serie. Parlaci di questo primo approccio con Cronaca di Topolinia, ma soprattutto di come è arrivato Planet Dead, di cui sei creatore grafico.
Frequentando sempre le fiere del fumetto, anche se non disegnavo più, mi ero imbattuto in passato nelle pubblicazioni di Cronaca di Topolinia e avevo comprato Cronache dal Ghiaccio, attratto prima dai disegni e poi dalla storia. A quella Lucca, del 2016, ho partecipato allo scouting, avendo appena comprato gli ultimi numeri che mi mancavamo. Buffo che a esaminarmi ho trovato anche te, che eri la sceneggiatrice! E’ vero che mi sono poi occupato per prima cosa di Lunar Lex, dato i mie tanti lavori di SF, ma l’anno successivo, visto che c’era lo speciale in ballo, ho avuto la possibilità di disegnare proprio Cronache dal Ghiaccio! Sono le cose carine che succedono in questo mondo della piccola editoria a fumetti, dove il contatto tra autori e lettori è veramente molto stretto. Dopo un po’ che collaboravo ho pensato di proporre uno dei progetti che io e Stefano stavamo studiando; eravamo orientati all’inizio su tutt’altro ma, data la tua indicazione, ci siamo occupati di horror ripartendo da zero e creando un progetto su misura, che effettivamente ti ha poi convinto, anche se mi hai fatto rifare completamente il Character design!
Daniela: ‘:-)
Luciano, svolgi anche un altro ruolo, per me molto importante e di grande aiuto. Come ti trovi a collaborare alla supervisione e come definiresti questa parte del lavoro?
Molto impegnativa! Mi occupo di individuare problemi tecnici, (le misure di stampa e i fumettisti non ci vanno mai troppo d’accordo) errori e imprecisioni e dare delle indicazioni ai disegnatori che non snaturino il loro lavoro, ma lo enfatizzano. Penso infatti che un fumetto debba avere personalità e trasmettere emozioni al lettore come prima cosa, per cui non mi permetterei mai di correggere un disegno con uno stile autoriale come Sortisia, che funziona benissimo così, ma magari indico una scelta di colore o di ombre che può rendere la vignetta più leggibile. Ognuno ha i suoi punti forti e i suoi punti deboli, c’è chi un tempo temeva di inchiostrare perché forse non si sentiva del tutto in grado e invece poi il suo fumetto ha preso il volo dopo poche pagine, c’è chi invece ne avrebbe da insegnare a me e infatti imparo da quello che mi arriva da controllare. Attualmente c’è più di una pubblicazione di CdT che non sfigurerebbe affatto in edicola. Ma tutto questo ha un costo in termini di tempo di editing rilevante. Mi è capitato anche di passare un intero pomeriggio a controllare e verificare solo 12 pagine, ma andava fatto perché era il primo episodio di una serie e se non piace il primo numero… addio!

Daniela: Grazie Luciano per tutto il lavoro nascosto che nemmeno immagino!
Cos’ha Planet Dead che non hanno altre serie horror con zombie? Secondo voi cosa lo rende originale?
Stefano: Credo che Planet Dead abbia il pregio di tornare (o almeno di tentare di farlo) alla lezione di Romero. Mi spiego meglio. Negli ultimi anni gli zombie in narrativa, al cinema o nei fumetti, sono trattati come mostri fine a sé stessi, non rappresentano null’altro. E gli zombie, in questa accezione, ci permettono di osservare un eventuale post apocalisse con tutti gli effetti del caso. Per Romero non è così, gli zombie sono uno spunto per parlare delle contraddizioni del nostro presente. In Planet Dead si prova a mettere un pizzico di questa lezione. Non a caso abbiamo sempre detto che Planet Dead ha vari livelli di lettura: può essere letto come un fumetto spy horror, così come ci si può ravvisare alcuni elementi di riflessione. Sta al lettore decidere se vuole giocare con noi e andare a caccia degli indizi disseminati nelle pagine dei tre volumi.
Luciano: In Planet Dead, oltre al fatto di aver portato il genere in città italiane come Genova e Milano, c’è molto più di quello che appare: si può leggere tutto come un intrigante fumetto d’azione, una spy story con delle tinte spiccatamente horror e funziona benissimo solo così. Niente spiegoni messi dentro a forza, ma una storia avvincente, ricca di colpi di scena, in cui però c’è una chiave di lettura secondaria, un po’ nascosta, che contiene il vero messaggio della serie.
All’inizio abbiamo lavorato con attenzione del logo e sul nome della serie, nel secondo caso è stato così difficile che abbiamo dovuto passarlo ai voti. Ricordate qualche altro particolare nella creazione di questa serie che ha richiesto particolari energie? Quale è il momento più difficile nello scrivere e nel disegnare Planet Dead?
Stefano: Devo dire che tutta la parte di discussione su nome e logo, avvenuta all’inizio dell’avventura di Planet Dead, l’ho apprezzata molto. I prodotti di CdT sono fumetti che devono farsi notare in un mercato in sovrapproduzione, per questo ritengo che il lavoro di brainstorming fatto all’inizio del percorso, mettendo come fattore comune tante esperienze diverse, sia stato efficace oltreché molto interessante. Difficoltà nello scrivere Planet Dead? Molta. Ho bisogno di rimuginare moltissimo sull’intreccio dell’episodio che sto per scrivere. Finché tutto non è a posto nella mia testa, non riesco a mettermi a scrivere la sceneggiatura. Quando arrivo ad avere tutto chiaro, è fatta! La sceneggiatura a quel punto viene via naturalmente, come se ce l’avessi sempre avuta nella penna.
Luciano: All’inizio doveva essere a colori, ma non abbiamo trovato un colorista che riuscisse a trasmettere quello che volevamo davvero Stefano ed io. Siccome dovevamo fare prima di tutto una puntata pilota in bianco e nero sulla rivista Cronaca Comics, ho voluto provare ad utilizzare le mezzetinte in modo un po’ pittorico. Visto che rendevano bene l’atmosfera, abbiamo pensato di seguire questa via, che riteniamo ancora quella migliore. Tuttavia, le tavole fatte in questo modo mi portano via molto tempo, più del doppio del solito, in pratica è come se le colorassi a mano. Soprattutto, ho fatto molta fatica a trovare la giusta dimensione delle tavole, i toni giusti di grigio da usare, il segno che in stampa non venisse né troppo sottile né troppo spesso. Il disegno finale doveva avere una sua freschezza senza apparire approssimativo, e tutto questo stando nei tempi di produzione previsti. Il momento più difficile è stato reinventare uno stile sperimentando direttamente sulle tavole finali. la cosa buffa è che, facendolo, sono tornato a certe soluzioni che avevo adottato all’inizio della mia carriera, riscoprendo un tratto più morbido e chiuso, rispetto al segno più nervoso e aperto che uso di solito, privilegiando l’uso del pennello al pennino. Con questo numero tre penso di aver concluso la mia ricerca e aver iniziato a divertirmi davvero, anche con soluzioni molto creative come con la pagina alla “De Luca”.

Si può dire che con questo numero 3 si chiude un ciclo di storie, pur lasciandoci in attesa di importanti sviluppi. Oppure la storia è ancora tutta da raccontare? Spesso ho avuto l’impressione che gli zombie fossero solo una scusa per affrontare temi o situazioni più o meno velati dei nostri tempi. E’ così? Quanto è voluto e quanto invece è stata la storia evolvendosi che ha rivelato sorprendenti coincidenze?
Stefano:…in questo numero 3 alcuni nodi vengono al pettine, anche se alla fine penso saranno molti di più i dubbi che rimarranno ai lettori. Sicuramente è come dici tu, Planet Dead parla di zombie ma parla anche di altro, credo che sia la cosa più interessante di questo fumetto e che i nostri lettori possano apprezzarlo. E comunque si, da parte mia un impostazione di questo tipo è assolutamente voluta.
Luciano: Visto che nel nostro fumetto usiamo i titoli di coda e la scena post-titoli, direi che col tre si chiude il primo tempo lasciando il lettore all’intervallo con un certo hype. A parte questo, non posso rispondere con precisione perché per nostra scelta io non so cosa succederà. Questo mi permette di stupirmi ogni volta che leggo la sceneggiatura e cerco di trasmettere questo stupore nel lettore. Mentre ci avviamo verso la conclusione della storia, questo numero tre ribalta tante certezze, ma se vai a leggere indietro capisci che gli indizi erano già stati disseminati. L’aggancio col presente è sicuramente voluto in Planet Dead, che è proprio uno specchio della situazione attuale, con una particolare attenzione al problema dello sfruttamento del continente africano da parte dei centri di potere politico-industriale. Il virus UD, che trasforma gli uomini in zombie è, fondamentalmente, una metafora del neocolonialismo.
Pensando a un nuovo progetto insieme per Cronaca di Topolinia, cosa vorreste propormi? Cosa tra le vostre produzione non avete ancora affrontato e vi piacerebbe fare prima o poi?
Stefano: Bé, con CdT è in lavorazione un fumetto storico/sci-fi a cui tengo molto e che spero veda presto la luce. Un progetto che mi piacerebbe proporre a CdT in futuro? Be, così come per Planet Dead, mi piacerebbe proporre qualcosa appartenente a generi non ancora a catalogo. Un esempio potrebbe essere un fumetto che strizzi l’occhio alla scena musicale e culturale punk di fine anni 70. Ora che mi ci fai pensare quasi quasi ne parlo con Costarelli. 🙂
Luciano: A me piacerebbe un progetto che avevamo in mente, ma che non abbiamo ancora iniziato a buttare giù veramente perché siamo impegnati con altre pubblicazioni. E’ una bella storia che parla di Musica e giovani ragazze, una band che personalmente amo molto, raccontata da un punto di vista particolare, in un preciso, brevissimo momento. Storia complicata da scrivere e che necessita di molta documentazione per disegnare il periodo nel dettaglio, anche se, come nostra cifra stilistica, la leggibilità non dovrà mai essere messa in discussione da particolari ridondanti.

Daniela: non mi resta che attendere il vostro file con la descrizione del progetto allora 🙂
E ora passiamo al bilancio di questi 3 numeri. Siete soddisfatti? Vi sareste mai immaginati un interesse di pubblico così speciale? Cosa migliorereste oggi guardandovi indietro?
Stefano: Siamo al numero 3 di Planet Dead, c’è ancora un po’ da scrivere, ma comincia ad essere un bel pezzo di percorso. I riscontri del pubblico sicuramente lusingano e stimolano a fare sempre meglio. Guardando indietro, con 3 numeri regolari e 2 storie brevi uscite su Cronaca Comics, ho l’impressione che la qualità in questi due anni sia costantemente cresciuta. Da sceneggiatore ho un unico cruccio: ogni volta che rileggo un mio fumetto vorrei limare ulteriormente i dialoghi (fortuna che non si può fare, altrimenti non ne terminerei mai uno).
Per concludere, Planet Dead credo abbia ancora parecchio da dire. Vedremo di dirlo nel migliore dei modi… fortunatamente abbiamo un ottimo Supervisor che ci bacchetta quanto basta per permetterci di farlo e arrivare così all’obiettivo.
Daniela: ‘:)
Luciano: Io sono ipercritico con me stesso e ritoccherei il 90% delle tavole appena le ho finite. Cosa che non sta però avvenendo con questo numero tre, di cui sono piuttosto soddisfatto. Sull’interesse, un po’ ci speravo, non tanto per i miei disegni, che potevano piacere o non piacere, essendo molto personali e non seguendo stili più in voga, ma perché la storia è veramente buona. La scommessa era se il lettore non si avvicinasse con l’errato pregiudizio di pensare di trovarsi la solita storia fotocopia di Walking Dead o simili.
